Figlio del Fuoco

Figlio del Fuoco

venerdì 25 luglio 2014

Pestaggio selvaggio

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Eleria-Yindù-Casa Miller


Davanti alla porta di Villa Miller c'è uno spiazzo, alcuni mercanti di spezie, etnia indiana e tante parole in bocca vendono di tutto, tanto che dalle spezie passi alle bombe carta senza rendertene veramente conto in una manciata di secondi.
Sono tre le guardie, hanno fatto le cose in grande, mescolarmi tra la folla non è difficile, ma non è il numero che mi spaventa, è ciò che accadrà una volta che sarò dentro.

 Il vicolo a destra dell'abitazione di George Miller è poco frequentato, trovo facile posto e quando il baccano dei mercanti, arrivati a sera diminuisce, sentire delle urla provenire da quello stesso vicolo non è difficile. Una delle tre guardie avvisa i colleghi che deve andare a vedere cosa succede in quella stradina, non avrà mai il tempo di voltare completamente angolo, che sarà facile tirarlo verso di me nel buio, spezzargli una gamba e una volta a terra dargli un cazzotto così forte da fargli cozzare il cranio contro la strada.

Il primo è fuori uso.


Le holocamere di servizio sarebbero un problema, quando capiranno cos'è realmente accaduto, vedranno una sagoma nera come la notte ed incappucciata abbattersi come una furia anche sulle restanti guardie di scorta, accorse una dopo l'altra per vedere cos'è successo nel frattempo al collega.
Il mio vantaggio è il buio, l'attacco a sorpresa e l'angolatura dell'abitazione, non si aspettano un attacco da quella parte.
Quando casa Miller è sgombra di sorveglianza umana è ormai notte fonda, per terra a ridosso dell'abitazione, nel buio, tre sagome umane sono legate come salami e imbavagliate.
Scivolo contro la parete della casa, ho ancora il passamontagna a coprirmi la faccia, entro, salgo alcune scale e mi trovo davanti il portone di George Miller, allarme inserito, codice numerico da attivare, chiave da inserire.
Il codice numerico non sarebbe un problema se avessi con me la chiave, speravo di trovarla addosso agli uomini di scorta e invece niente.
Alle mie spalle sento il rumore del cancello che si apre, i passi sulle scale, non ho il tempo di scappare, posso solo estrarre il mio coltello aspettando che chiunque sia, anche fossero i rinforzi della scorta da me tolta di mezzo, si manifesti.
Vedo un uomo, è un ragazzo, ha i capelli chiari, ma vuoi per il buio, vuoi perchè anche lui ha il volto coperto, non riesco a notare nient'altro, si blocca quando mi vede, io lo osservo dall'alto, lui è ancora sulle scale.



<dovresti girare il culo e camminare per qualche chilometro prima che possa succederti qualcosa di profondamente sbagliato...non sono qui per te>


Lui mi guarda, vedo una strana ironia nei suoi occhi, in pochi a quelle parole avrebbero voglia di fare del sarcasmo.



<anch'io sono qui per lui>



Alza la destra, mi fa vedere le chiavi, non mi fido ma cosa posso fare? E' l'unica possibilità che ho per entrare in casa. Mi faccio da parte dopo avergli fatto mezzo inchino, lui apre la porta poco dopo.
Abbiamo il tempo di fare due passi in casa quando dall'interno George Miller alza la voce, chiedendo chi sia entrato, le guardie di scorta infatti non hanno neanch'esse il permesso di accedere nell'abitazione.
Da lì in poi tutto succede in poco, pochissimo tempo. Dico al ragazzo di coprirsi meglio il viso, per non risultare facilmente riconoscibile ma George Miller non avrà il tempo di affacciarsi dalla cucina e guardarci, appena mette piede fuori dalla porta di quella stanza mi abbatto come una furia sull'uomo, una gomitata in pieno viso, sento il naso dell'uomo cedere sotto la pressione del gomito, comincia a perdere sangue fin da subito, si tiene il viso tra le mani, poi mi guarda, avrà sicuramente la vista annebbiata visto che batte più volte gli occhi come per mettermi a fuoco.
Poi la soddisfazione, il piacere sadico non arriva col suo dolore, ma soltanto quando sento il terrore scorrere dentro George Miller, quegli occhi, quella paura, tutto questo mi soddisfa, mi piace, e senza rendemene conto sorrido.

Quel ragazzo invece ne approfitta per prenderlo a pugni, mi accorgo quasi istintivamente che non è di certo un professionista, ha una tecnica efficace ma sporca, potrebbe lasciare tracce ematiche o DNA sul figlio di puttana, e non è quello che voglio, dev'essere un lavoro pulito.
Mi guardo attorno, strappo dal muro una mensola di metallo, la staffa che la regge perde viti e bulloni, la afferro, raggiungo il ragazzo e lo fermo. Io e lui ci guardiamo negli occhi per una frazione di secondo che sembra durare in eterno, ci conosciamo per la prima volta e ci basta, siamo complici d'altronde, fratelli di sangue, il sangue dell'uomo che a terra, si contorce cercando di rimettersi all'inpiedi.
Porgo la staffa al mio inaspettato aiutante.



<Le ossa di questo stronzo sono dure>

Non ci diciamo altro, non ci chiediamo chi siamo, non ne abbiamo bisogno. 

Quando Kevin si avventa contro George Miller posso chiaramente sentire, tanta è la vicinanza, le sue costole spezzarsi ad ogni colpo.
Sono costretto a toglierglielo da sotto, non voglio che la nostra preda perda coscienza, deve sentire il dolore, fino all'ultimo.
Trascino via il porco tirandolo per i capelli, lo porto in stanza da letto, io e Kevin troviamo una corda, leghiamo una sua caviglia, tiro su un capo della corda per farla passare sopra una delle travi di legno al soffitto, tiro su ma il maiale scalcia e piange, si lamenta, Kevin accorre in mio aiuto, io e lui riusciamo ad alzarlo dal suolo quanto basta per poterci divertire ancora un pò.
George Miller sa benissimo cosa sta per succedergli ma non capisce il perchè, lo chiede ostinatamente.



<Perchè posso>

E' la mia risposta, il tono di voce glaciale, lo guardo come ho sempre guardato le mie prede, ho fame e voglio vedere scorrere il suo sangue questa notte.



<Per Zoey>

E' la seconda risposta. Miller grida che non lo farà più, che giura che non lo farà, che non la toccherà, che le starà lontano.



<E' un pò tardi per questo...sai?>

Parlo, e quelle parole scivolano via dalle mie labbra in un istante

<Non la cercherai più, non la guarderai, non le parlerai, se per qualche assurdo motivo ti troverai a meno di un chilometro da lei, scapperai via il più lontano possibile.
Se per qualche assurdo motivo vorrai rischiare ancora una volta e farai per cercarla, è meglio che usi questa corda per impiccarti...perchè la prossima volta che verrò a trovarti, ti assicuro che la notte sarà più lunga di quella che sta per passare>

Kevin si fa sotto con la staffa di metallo, io e lui ci diamo il cambio, le parti che preferiamo sono i fianchi, la testa ma siamo attenti a non stordirlo, anche i testicoli, non che ci sia alcuna differenza tra questi e il suo cervello.


<Ti terremo compagnia per tutta la notte Miller, non sei felice?>
Ma Miller...piange.


La porto al Moonlight stasera, mi sono fatto bello per la serata, talvolta serve a gettare fumo negli occhi.
Le mani mi fanno ancora male sulle nocche, ho controllato, il livore è tipico di chi ha battuto i pugni contro un muro, o per troppo tempo contro le ossa di qualcuno.
Mentre camminiamo Zoey mi fa una domanda che riesce a lasciarmi a bocca aperta



<Allora, com'è andato il viaggio per Yindù?>


Deglutisco di nervoso, la guardo negli occhi, faccio finta di niente e mi distraggo da lei per osservare la strada


<Non so di cosa stai parlando>

<C'eri anche tu, lui mi ha detto che era presente un uomo dall'accento mediorientale e che ci teneva a me>

<Non sai quanta gente conosco con il mio stesso accento>

Silenzio, non dico nulla anche perchè non saprei cosa dire.



<Dovevi essere tu, lui da solo non sarebbe riuscito a mettere fuori combattimento quelle due guardie>

<Erano tre>
Non me ne rendo conto subito, quando succede sgrano gli occhi e vorrei avere sottomano un qualche aggeggio ipertecnologico che consenta di tornare indietro nel tempo di pochi istanti, almeno potrei evitare di dire quelle due parole.
Mi sono sgamato da solo
Penso a George Miller appeso per una gamba, scalciante, mentre piange e grida di lasciarlo stare


Qualcuno doveva pur farlo.

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