Eleria-Yindù-Casa Miller
Davanti alla porta di Villa Miller c'è uno spiazzo, alcuni mercanti di spezie, etnia indiana e tante parole in bocca vendono di tutto, tanto che dalle spezie passi alle bombe carta senza rendertene veramente conto in una manciata di secondi.
Sono tre le guardie, hanno fatto le cose in grande, mescolarmi tra la folla non è difficile, ma non è il numero che mi spaventa, è ciò che accadrà una volta che sarò dentro.
Il vicolo a destra dell'abitazione di George Miller è poco frequentato, trovo facile posto e quando il baccano dei mercanti, arrivati a sera diminuisce, sentire delle urla provenire da quello stesso vicolo non è difficile. Una delle tre guardie avvisa i colleghi che deve andare a vedere cosa succede in quella stradina, non avrà mai il tempo di voltare completamente angolo, che sarà facile tirarlo verso di me nel buio, spezzargli una gamba e una volta a terra dargli un cazzotto così forte da fargli cozzare il cranio contro la strada.
Il primo è fuori uso.
Le holocamere di servizio sarebbero un problema, quando capiranno cos'è realmente accaduto, vedranno una sagoma nera come la notte ed incappucciata abbattersi come una furia anche sulle restanti guardie di scorta, accorse una dopo l'altra per vedere cos'è successo nel frattempo al collega.
Il mio vantaggio è il buio, l'attacco a sorpresa e l'angolatura dell'abitazione, non si aspettano un attacco da quella parte.
Quando casa Miller è sgombra di sorveglianza umana è ormai notte fonda, per terra a ridosso dell'abitazione, nel buio, tre sagome umane sono legate come salami e imbavagliate.
Scivolo contro la parete della casa, ho ancora il passamontagna a coprirmi la faccia, entro, salgo alcune scale e mi trovo davanti il portone di George Miller, allarme inserito, codice numerico da attivare, chiave da inserire.
Il codice numerico non sarebbe un problema se avessi con me la chiave, speravo di trovarla addosso agli uomini di scorta e invece niente.
Alle mie spalle sento il rumore del cancello che si apre, i passi sulle scale, non ho il tempo di scappare, posso solo estrarre il mio coltello aspettando che chiunque sia, anche fossero i rinforzi della scorta da me tolta di mezzo, si manifesti.
Vedo un uomo, è un ragazzo, ha i capelli chiari, ma vuoi per il buio, vuoi perchè anche lui ha il volto coperto, non riesco a notare nient'altro, si blocca quando mi vede, io lo osservo dall'alto, lui è ancora sulle scale.
<dovresti girare il culo e
camminare per qualche chilometro prima che possa succederti qualcosa di
profondamente sbagliato...non sono qui per te>
Lui mi guarda, vedo una strana ironia nei suoi occhi, in pochi a quelle parole avrebbero voglia di fare del sarcasmo.
<anch'io sono qui per lui>